NiO –Nutrizione in Oncologia
La malnutrizione calorico-proteica (MCP) in Italia rappresenta un problema clinico ed economico rilevante, purtroppo spesso misconosciuto o sottovalutato, nonostante una relativa semplicità nel suo monitoraggio.
La MCP ospedaliera tende ad aumentare per l’invecchiamento della popolazione e per l’aumentata prevalenza delle malattie croniche invalidanti come patologie cardiovascolari, neurologiche e in particolare neoplasie.
A livello europeo la prevalenza di MCP all’atto del ricovero oscilla tra il 20 e 60% e a livello nazionale si assesta sul 30%. I pazienti acuti ricoverati all’anno in Italia sono circa 9,4 milioni. Di questi 2 milioni e 900mila presentano una MCP all’atto del ricovero e in 450.000 ricoverati acuti si riscontra una malnutrizione iatrogena. In presenza di MCP la degenza si allunga di circa un 45% rispetto a quella media. Per la malnutrizione ospedaliera il risparmio nazionale minimo annuo ipotizzabile con un regolare rilevamento dello stato di nutrizione non è inferiore a 2 miliardi di euro.
Al momento del ricovero o al massimo entro 24-48 ore andrebbe effettuato lo screening nutrizionale mediante strumenti validati che prevedono la rilevazione di parametri semplici ed immediati (peso, altezza, andamento del peso, e variazione dell’alimentazione). Un atto che ad oggi, in Italia (e non solo), è ancora scarsamente applicato.
Nell’ambito delle patologie tumorali -per le quali si stima un incremento dell’incidenza in Italia del 12% nel 2020 e del 25% nel 2030 -secondo i dati estrapolati da Documento Nutrizione Clinica SINPE-ADI2013, sono 180 mila ogni anno i decessi. Di questi circa 35.000 avvengono a causa della MCP. Circa un terzo dei casi di cancro può essere attribuito a scorrette abitudini alimentari e inattività fisica. La percentuale di morti –si legge nel documento -che potrebbe essere evitata attraverso una modifica delle abitudini alimentari varia a seconda del tipo di neoplasia.
La maggioranza di questi pazienti purtroppo ha già carenze nutrizionali alla diagnosi: in parte per gli effetti del tumore, in parte per lo stress metabolico generato dalla malattia, oltre il 50 per cento delle persone che scoprono di avere un tumore allo stomaco, al pancreas, al polmone è già in una condizione di malnutrizione alla diagnosi e le percentuali sono solo di poco inferiori per altri tipi di cancro. In alcuni casi, le poche settimane che intercorrono fra la diagnosi e l’inizio del piano terapeutico bastano a compromettere ulteriormente la condizione nutrizionale, al punto da rendere difficile l’avvio della cura. La situazione poi peggiora una volta iniziati i trattamenti chemio e radioterapici, che mettono a dura prova la capacità di alimentarsi in maniera corretta.
La nutrizione clinica in oncologia, che è ben diversa dall’alimentazione necessaria ai sani per prevenire le malattie o dalla nutrizione per il fine vita, è una terapia di supporto fondamentale per migliorare l’aspettativa e la qualità di vita dei pazienti con tumore. I pazienti malnutriti, che hanno perso molto peso o molta massa muscolare, hanno infatti una probabilità più elevata di abbandonare le terapie
antitumorali, come chemio e radioterapia, e ne tollerano peggio gli inevitabili eventi avversi. Da tutto ciò deriva che i pazienti oncologici con uno stato nutrizionale carente hanno una prognosi peggiore e quindi, oltre a una qualità di vita inferiore, anche una minore aspettativa di vita.
Oggi, nonostante la maggioranza dei pazienti oncologici chieda informazioni circa l’alimentazione, esistono molti equivoci in merito alla nutrizione adeguata durante il periodo di malattia. Molti pazienti credono di dover seguire le raccomandazioni per una dieta sana per la prevenzione primaria e quindi eliminano cibi come la carne rossa o i latticini, che in questa fase non sono affatto dannosi; altri si affidano ai tanti guru che su internet o altrove spacciano diete anticancro, dal digiuno che “affama” il tumore all’uso di sostanze miracolose, che non hanno alcuna validità scientifica e possono rivelarsi molto pericolose, contribuendo al declino fisico che porta a non tollerare le suddette cure e quindi a una prognosi peggiore.
La nutrizione clinica in oncologia è una terapia che è necessario conoscere e applicare, perché può allungare la vita e migliorarne la qualità. Purtroppo gli oncologi stessi non sempre sono consapevoli dell’importanza di procedere a una valutazione nutrizionale già al momento della diagnosi, per poi seguire ciascun paziente con un piano nutrizionale personalizzato da monitorare lungo tutto l’arco della terapia antitumorale, modificandolo se necessario.
Esistono vari livelli di intervento nell’ambito della nutrizione clinica che vanno dal semplice counseling alla nutrizione artificiale somministrata attraverso le sacche per nutrizione parenterale o le sonde per la nutrizione enterale. La nutrizione artificiale è in grado di risolvere rapidamente situazioni nutrizionale anche gravi. Un requisito fondamentale è la qualità, sicurezza e appropriatezza del trattamento da eseguire.
Nel 2016 la Conferenza Permanente Stato Regioni ha siglato un accordo con cui siriconosceva l’importanza di aumentare l’informazione dei cittadini in merito a temi di nutrizione e soprattutto a migliorare l’accesso a servizi di nutrizione clinica garantiti dal Servizio Sanitario Nazionale, organizzando una rete pubblica d’intervento a livello ospedaliero e territoriale. L’accordo prevede inoltre la creazione di Unità Operative di diagnosi e cura dedicate alla nutrizione, un sistema di sorveglianza, un osservatorio epidemiologico; purtroppo però a oggi i servizi di nutrizione clinica sono ancora pochi rispetto alle esigenze e distribuiti a macchia di leopardo.
Sempre nel 2016 (Resoconto 407), la XII Commissione Permanente Salute del Senato, ha pubblicato un parere relativo all’atto del Governo 358 in tema di qualità dell’assistenza sanitaria e aggiornamento dei LEA, specificando al punto C che “occorrerebbe prestare peculiare attenzione alle istanze di rafforzamento dell’assistenza sanitaria in rafforzamento alle problematiche (...) della nutrizione parenterale domiciliare”.
Ad oggi in Italia il percorso diagnostico terapeutico assistenziale per questi pazienti soffre della diversità regionale, decretando di fatto una situazione a macchia di leopardo in cui non viene garantito lo stesso livello di equità di accesso alle cure tra regione eregione. Uno degli esempi 'virtuosi' ad esempio si trova in Piemonte, che ad oggi è state la prima Regione ad organizzare un innovativo percorso di governo clinico che prevede da un lato lo screening nutrizionale dei pazienti, fin dal momento dell’accessoin ospedale, e dall’altro –laddove possibile –la predisposizione di un percorso che abbraccia il paziente già dal momento della dimissione ospedaliera, fino all’arrivo a casa, ed in tutte le fasi del sua malattia favorendo anche il trattamento domiciliare.
Per questo nel 2016 la Società Italiana di Nutrizione Parenterale (SINPE) ha firmato con l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) un documento con le raccomandazioni pratiche per il supporto nutrizionale in oncologia, a cui si aggiunge una carta dei diritti del paziente oncologico per un appropriato e tempestivo supporto nutrizionale: l’obiettivo è aumentare la consapevolezza di pazienti e medici nei confronti della necessità di una corretta nutrizione quando si combatte contro un tumore. È possibile farlo con i cibi, con gli integratori o con gli ausili nutrizionali adeguati che oggi riescono, a fronte di costi molto contenuti, a garantire ai pazienti tutti i nutrienti necessari per affrontare al meglio le cure contro il tumore, dando loro tutte le armi possibili per sconfiggerlo